Premessa: no, non ho mai tradotto un classico. No, non sono ancora all’altezza di Dickens o della Austen. Sì, spero un giorno di poterlo fare.
E allora perché ti parlo della traduzione dei classici, ti chiederai giustamente? Be’, lo scorso ottobre ho partecipato a un corso organizzato dalla
Bottega di traduzione editoriale (corso molto interessante che consiglio, se la traduzione ti interessa!). Una delle lezioni di questo corso è consistita nell’analisi delle traduzioni dei partecipanti: ci sono stati inviati 4 diversi testi via email, noi li abbiamo tradotti e inviati alle organizzatrici, che li hanno analizzati e li hanno usati come base per l’ultima lezione, in cui si parlava appunto delle soluzioni più felici e di quelle meno riuscite delle nostre produzioni, e del perché le soluzioni erano buone o no.
Uno dei testi da tradurre per questa prova era un brano tratto da Jane Eyre. Non era un brano molto lungo, ma mi ha suscitato qualche riflessione: e mi sembra carino condividerle con te.
La cultura generale
La settimana scorsa, quando ti ho parlato di Dire quasi la stessa cosa, di Umberto Eco, ti ho detto che uno dei suoi esempi mi aveva fatto riflettere sull’importanza della cultura generale per un traduttore. Come ho detto in quell’articolo, non possiamo certo essere tuttologi: ma una buona cultura è sicuramente alla base di una buona traduzione.
Questo, secondo me, vale ancora di più quando si parla di classici. Credo che conoscere anche solo a grandi linee la biografia dell’autore e gli eventi storici più importanti avvenuti nell’arco della sua vita sia fondamentale per capire meglio alcune cose che puoi ritrovare nel romanzo che devi tradurre: questo non solo perché può aiutare a “mettersi nei panni” dell’autore, ma anche perché può far capire meglio il punto di vista dei personaggi. Perché non sempre il punto di vista dei personaggi e quello dell’autore coincidono.
Mi ricordo che quando andavo al liceo la mia insegnante di latino e greco, una donna dalla cultura immensa che ammiravo moltissimo, cominciò a usare il computer, e questo le fece elaborare alcune idee per aiutarci a studiare che tuttora a volte utilizzo. Le due cose fondamentali erano l’asse temporale che avevamo dovuto disegnare: lungo questo asse da una parte avevamo gli eventi dell’Antica Grecia, dall’altra quelli dell’Antica Roma. Accanto a questo strumento avevamo le tabelle degli autori: una tabella in cui ogni riga contava 5 o 10 anni di vita dell’autore (a seconda di quanto era vissuto), e sulle colonne dovevamo inserire gli avvenimenti personali, le opere, gli avvenimenti militari e politici e quelli socio-economici. Era un modo davvero bellissimo e utile di collocare un autore nel suo tempo, di collegare le sue opere agli avvenimenti che potevano averle influenzate. Quell’asse temporale ci ha accompagnato per due anni, senza mai diventare “vecchio” o inutilizzabile.
Ecco, quando penso alla traduzione di un classico ripenso a quegli strumenti: l’asse temporale e la tabella della biografia. Ovviamente non me ne sono servita per questa prova, ma penso che, se dovesse capitarmi di tradurre un classico, probabilmente mi preparerei una linea temporale, con gli avvenimenti principali del periodo (comprese eventuali scoperte scientifiche), e la biografia dell’autore. Credo che mi sarebbe di grande aiuto per evitare gli anacronismi e per fare le scelte terminologiche corrette. E ti dirò: l’asse temporale probabilmente me lo farei anche per un romanzo storico, non necessariamente un classico.
Gli anacronismi
Stai leggendo un romanzo storico bellissimo e accurato: magari ambientato in Scozia, con personaggi storici realmente esistiti che si muovono in un castello medievale da sogno, una perfetta ricostruzione degli usi e dei costumi… e poi ti ritrovi sulla tavola un pollo con le patate.
Nel medioevo.
In Scozia.
Basta questo a rovinare tutta l’atmosfera, perché saprai sicuramente che la patata è arrivata in Europa dopo la scoperta delle Americhe. Ebbene, credo che quando si traduce un classico di debba fare doppia attenzione agli anacronismi, che già possono mettersi in mezzo anche nella traduzione di un romanzo storico scritto ai giorni nostri.
Bisogna tenere conto, infatti, non solo di quello che viene raccontato nel romanzo, ma anche di quello che poteva sapere l’autore quando l’ha scritto Continua a leggere